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Ciao ragazze, oggi ho con me Serena Camillo, psicologa psicoterapeuta, specializzata in sessuologia , per parlare di molestie sessuali.
Oggi è il 25 novembre, la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Serena, cosa significa questa giornata?
E’ una giornata importante per tutti e per tutte per portare avanti ancora tante battaglie. Tante infatti sono state già vinte ma c’è ancora molto su cui lavorare e avere una giornata dedicata al tema è importante per fermarsi e riflettere sull’argomento.
Iniziamo dal principio: cosa sono le molestie sessuali e come hai iniziato ad interessarti di questo argomento?
Alcuni anni fa ho fondato insieme a delle colleghe un’Associazione che si occupa di donne e in particolare modo di donne vittime di violenza. Via via che le richieste di aiuto aumentavano ci siamo specializzate e formate e abbiamo iniziato a trattare questo tipo di utenza. Tantissime donne si sono rivolte e continuano a rivolgersi al nostro servizio e a tutti i servizi di tutela, basti pensare al numero anti violenza che soprattutto durante il lockdown è stato intasato di richieste.
Sto leggendo un dato che dice che il 78% delle donne nel mondo sono state vittime di molestie sessuali in luoghi pubblici. Ma come possiamo definire una molestia?
Le molestie vanno considerate come quei comportamenti indesiderati che possono causare sensazioni di fastidio, di insicurezza e di forte disagio nella persona che le riceve. Una molestia è un complimento non gradito, una carezza non richiesta, essere fissate o ricevere apprezzamenti. Lo è anche il cosiddetto cat calling che è una tipologia di molestia stradale e riguarda tutti quegli apprezzamenti o fischi che alcuni sconosciuti si sentono in diritto di fare sulle donne.
Che effetto ha il cat calling sulle donne?
E’ un vissuto condiviso quello di provare improvvisamente paura, sentirsi arrabbiata, sporca, inutile come un oggetto a cui può essere detta qualsiasi cosa. Molto comune è anche un sentimento di senso di colpa che porta a chiedersi se in qualche modo ci si è “meritate” la molestia per un vestito troppo succinto. Spesso ancora oggi si polemizza sul cat calling cercando di bollarlo come un semplice complimento capiamo che il complimento oggettivo non esiste, dipende se chi lo riceve lo ha vissuto come tale.
Questo tipo di atteggiamento in me crea una reazione di rabbia molto forte. Che altri sentimenti si possono provare in risposta a una molestia?
Ci si può sentire arrabbiate ma al contrario anche lusingate ed è da qui che nasce spesso il senso di colpa. Una sensazione di lusinga non deve stupire. Come raccontava Carolina Capria nel podcast “Come crescere bambini femministi” (potete ascoltarlo qui) le bambine vengono cresciute con il mito di essere belle e desiderabili e questo può portate a sentire di aver “fatto un buon lavoro” quando uno sconosciuto apprezza queste caratteristiche.
Credi sia anche una questione culturale? Mi vengono in mente alcune mie conoscenti russe che tra loro scherzano dicendo che se una donna ha una bassa autostima deve andare nel sud Italia per essere sommersa di complimenti.
Assolutamente si. In Italia esiste lo stereotipo per cui ricevere complimenti per strada è una cosa normale, non una molestia ma qualcosa di cui godere. Dobbiamo chiederci perché nel nostro paese è cosi naturale un comportamento del genere e spesso la risposta risiede nel fatto che non esiste una equa distribuzione del potere. La nostra cultura dominante è una cultura patriarcale che fa leva su due aspetti per continuare ad affermarsi: la vittimizzazione secondaria (victim blaming) e lo stigma della sgualdrina (slut shaming).
Di cosa si tratta?
Come victim blaming o vittimizzazione secondaria si intende il dare la responsabilità alle donne per aver ricevuto una molestia o una violenza sessuale. Questo emerge chiaramente dagli ultimi fatti di cronaca. Il giornalismo tossico tende spesso a riportare le notizie di violenza senza credere alle vittime e dando per scontato che in qualche modo si è partecipanti nell’atto. In questo modo, oltre ad aver subito una molestia o una violenza si subisce anche l’ulteriore violenza di essere messe in dubbio, talvolta anche dalle stesse donne. Come slut shaming si intende invece il far sentire in colpa una donna per avere un atteggiamento che non ricalca lo stereotipo tradizionale. Spesso si sminuisce una donna dandole della sgualdrina per svalutarla e renderla meno meritevole di qualsiasi diritto.
Come si possono cambiare questi atteggiamenti?
Alla base di questi atteggiamenti ci sono aspetti culturali di cui siamo imbevuti così tanto da non rendercene spesso conto. Per cambiare le cose non si può fare altro che educare i giovani parlando di questi argomenti nelle scuole e facendoli arrivare anche ai genitori. Bisogna parlare molto di consenso che è un argomento importante perché riguarda la reciprocità. Il consenso deve essere sempre esplicito, bisogna ricevere il consenso per toccare o entrare in contatto con qualcuno altrimenti si sta abusando. Questo messaggio deve passare fin da piccoli. Nel libro “Dai un bacio a chi vuoi tu” di Rachel Brian si parla proprio di come sia sbagliato obbligare un bambino a baciare o abbracciare qualcuno. Fin da piccoli devono avere la consapevolezza che le cose succedono se loro dicono si e non succedono se loro dicono no e che il consenso può anche cambiare cioè un si iniziale ha diritto a diventare un no.
Questo vale anche in una relazione stabile e in un matrimonio?
Assolutamente si anche se è ancora difficile far passare il concetto di violenza sessuale nel matrimonio. La relazione non rende scontato il consenso ad avere un rapporto sessuale e se questo consenso manca si sta subendo una violenza. Per far passare questo messaggio bisogna educare sia i maschi che le femmine al rispetto dell’altro. Le donne devono capire che ci si può negare anche a un marito o a un fidanzato e gli uomini che non devono ricalcare per forza lo stereotipo di maschio forte, deciso per paura di essere considerati di serie B.
I ragazzi nelle scuole come reagiscono a questi concetti?
I ragazzi sono totalmente inseriti in una serie di stereotipi quindi il primo passo è chiedere loro di immedesimarsi nell’altro. Spesso i ragazzi non immaginano che una donna possa sentirsi in pericolo se le camminano dietro in una strada isolata di notte. Inoltre è importante spiegare loro che non devono ricalcare i modelli che la società patriarcale impone, ossia essere forti, di successo e nascondere ogni emozione. Per questo motivo oggi il femminismo di nuova ondata si occupa anche dei maschi e li tratta come alleati e non come nemici. Lorenzo Gasparrini ha scritto il libro “Perchè il femminismo serve anche agli uomini” in cui spiega che non tutti gli uomini sono colpevoli ma tutti sono responsabili di quello che accade. Per i bambini è interessante anche il libro “Ettore. L’uomo straordinariamente forte” che mostra un uomo molto forte che lavora in un circo ma in segreto coltiva la passione dell’uncinetto. E consiglio anche “Dai un bacio a chi vuoi tu” di Rachel Brian
Tu vedi un cambiamento nella generazione dei ragazzi di oggi?
Gli ultimi dati che riguardano la violenza sulle donne nella fascia 16-25 anni sono incoraggianti e mostrano che le ragazze giovani hanno una maggiore consapevolezza e riescono a uscire prima da relazioni potenzialmente tossiche. Ciò nonostante invece i dati sulla popolazione in generale restano molto negativi.
Chi sono i molestatori e come si definisce una molestia?
Nonostante i dati ci dicano che nel mondo il 78% delle donne dichiara di aver subito una molestia, in Italia solo il 43% lo ammette (contro l’83% delle donne francesi). Ciò dipende dal fatto che spesso nel nostro paese si fa fatica a distinguere cosa sia una molestia. La distinzione principale da fare riguarda l’effetto prodotto sulla vittima. Il progetto Next stop Mi, promosso da un’Associazione milanese, è stato molto chiaro in questo senso poiché è nato con lo scopo di sensibilizzare sulle molestie sessuali nei trasporti pubblici e ha stilato un decalogo dei vari tipo di molestatori. Esistono quelli che si appoggiano ad ogni frenata, quelli che sussurrano proposte oscene, chi esibisce i genitali, chi palpeggia, addirittura chi approfitta del corrimano per toccare e accarezzare le mani altrui.
Personalmente ho avuto a che fare per tutto il periodo del liceo con un uomo che si masturbava serialmente sull’autobus che prendevo per andare a scuola. Ricordo una sensazione di disgusto e disagio soprattutto per il fatto che nessuno interveniva. Recentemente invece, a Vienna, ho reagito al cat calling di due ragazzini che, quando ho tirato fuori il cellulare per fotografarli, sono scappati,
Nel primo caso la tua reazione è stata perfettamente normale e dovuta al contesto. Ci si chiede cosa potrebbe succedere se si interviene e il fatto che nessuno lo faccia aumenta il senso di colpa. Nel secondo caso ti sei sentita di reagire in un modo che ha funzionato. La fuga dei ragazzi ha dimostrato che lo scopo di una molestia non è mai conoscere o conquistare una ragazza ma solo prevaricare. Nella reazione bisogna sempre considerare la propria sicurezza.
Le molestie sessuali hanno molte sfumature. Esistono casi in cui una persona non ha intenzione di molestare ma il suo comportamento viene percepito come una molestia oppure casi in cui qualcuno vuole molestare ma io non percepisco quel comportamento come tale. Mi viene in mente la testimonianza di una ragazza che intorno ai 13 anni andò a fare alcune sedute di fisioterapia e il medico le fece un complimento sulle cosce che la mise profondamente a disagio. Non ci fu un seguito ed è probabile che il medico non avesse intenzione di molestarla ma la sua azione sia stata frutto della sua cultura di appartenenza. Bisogna sempre condannare il comportamento, in quel caso il fisioterapista non era un molestatore ma ha avuto un comportamento molesto.
Ricordo che recentemente il mio ginecologo, che frequento da anni, ha fatto un commento sul fatto che il mio seno fosse rimasto bello anche dopo l’allattamento. Non l’ho vissuta come una molestia ma immagino che un’altra donna avrebbe potuto farlo.
Ognuno vive la realtà in modi diversi per questo è rischioso fare commenti così personali, perché non si sa come si potrà sentire la persona.
Quando si parla di molestie sessuali è importante farne una questione relativa al potere. In questo senso è emblematica la questione del Me Too e delle molestie ad Hollywood perché mostra come tantissime persone abbiano approfittato di un potere per commettere atti illegali. Questo ha riguardato in particolare modo vittime femminili ma la dinamica del potere avviene anche al contrario, come ci racconta la vicenda del bodyguard di Mariah Carrey che ha dichiarato di essere stato molestato da lei. In questo secondo caso la situazione è ancora più complicata perché oltre alla dinamica di potere di innesca lo stigma verso l’uomo che non ricalca lo stereotipo patriarcale per cui deve essere sempre lusingato se una donna gli da delle attenzioni e per il quale sembra impossibile poter subire una violenza. In questo senso è importante educare i nostri figli maschi a concedersi emozioni e debolezze altrimenti facciamo il gioco della cultura che vorremmo cambiare.
Come si risponde a una molestia?
Non esiste una regola, dipende dalla singola situazione. In alcuni casi infatti la sola cosa da fare è non rispondere e mettersi in sicurezza. In situazioni invece in cui ci si sente sicure, magari in mezzo ad altre persone o in un contesto amicale si può pensare di rispondere. La persona che fa cat calling è solitamente abituata a due tipi di reazioni opposte: il silenzio o l’insulto. La sola cosa a cui non è abituata è una persona che risponde chiedendo con calma “scusa perché dici questo?” spiegando come e perché ci si sente a disagio. La cosa importante da interiorizzare è che spesso quando non si reagisce è perché la situazione non lo permetteva, non è mai colpa della vittima.
E cosa fare se invece siamo testimoni di molestia?
E’ importante rispondere se la situazione lo permette. Spesso quando assistiamo a una molestia proviamo disagio e ci giriamo dall’altra parte, cosa che difficilmente accade se ci troviamo davanti a qualcuno che cade. Si innesca l’effetto spettatore ossia il pensiero “se nessuno interviene probabilmente non sta accadendo nulla di grave” ma il risultato è che la vittima si sentirà ancora meno validata nelle sue sensazioni. Recentemente è arrivato in Italia Stand Up International, un programma di formazione studiato per prevenire le molestie in luoghi pubblici e costruire uno spazio sicuro e inclusivo per tutti. Sul sito viene spiegata la regole delle cinque D, strategie pensate per offrire sostegno alle vittime di molestie senza mettersi in pericolo.
Quando non interveniamo cosa facciamo alla vittima?
Le trasmettiamo il messaggio che il suo vissuto di vittima colpevole è corretto. Stiamo validando un qualcosa di molto pesante da reggere per quella persona. Dobbiamo riflettere quanto non intervenendo ci rendiamo partecipi di qualcosa di profondamente sbagliato, giochiamo nella squadra sbagliata.
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