
Nella nostra società, negli ultimi decenni c’è la crescente tendenza a misurare la maternità in base a una serie di momenti clou, di esperienze o avvenimenti che sono diventati il centro dell’attenzione sociale. È come se le performance delle donne durante questi momenti clou (ecografia, parto, allattamento) esaurissero la storia della loro maternità. Le madri spesso interiorizzano queste misure e valutano la propria maternità in base a esse. Siamo nell’era della maternità come performance.
Siamo arrivati così a sentire e pensare che le madri “migliori”, partoriscono per via vaginale senza anestetici (perché hanno imparato a farlo e si sono impegnate abbastanza), non danno al loro bambino il latte artificiale durante i primi sei mesi o il ciuccio, nutrono i loro bambini con pasti perfetti dal punto di vista nutritivo, e così via.
In altre parole, la maternità è stata ridotta a una serie di test, di voti, performance che possono essere superati o no. Se fai la cosa giusta, la società ti dà della brava, ti fa una carezza, ti mette un bel voto nella pagella della brava madre. Tra i primi test o esami ci sono la nascita e l’allattamento al seno.
Come dice la filosofa Rebecca Kukla: “Abbiamo elevato l’importanza simbolica della nascita al punto in cui sembra servire come prova decisiva delle capacità materne di una donna. Se riesce a gestire la sua nascita “con successo”. . . poi dimostra la sua qualifica per iniziare una vita di cure materne in modo adeguato. Se, d’altra parte, fallisce questo esame durante il travaglio, rischia di essere chiamata egoista o indisciplinata o ancora peggio, viene accusata di compromettere la salute e il benessere emotivo del suo bambino”
Molte donne mi scrivono che il personale medico o altre mamme le hanno accusate di mettere a repentaglio il proprio legame con il figlio, perché non hanno avuto una parto da manuale. Quando in realtà queste affermazioni non hanno nessuna base scientifica. Sto studiando questi temi da molto tempo per il mio ebook sul senso di colpa materno e non vi voglio annoiare con tutti i dettagli, vi dirò solo che gran parte delle teorie sul bonding, sulla Golden hour e la necessità del contatto tra madre e figlio nell’immediato dopo parto non sono affatto solide come sembrano. Con questo non voglio dire che non sia bello o importante avere la possibilità di vivere questo contatto da subito, voglio solo dire che nel caso non sia possibile non deve essere vissuto come un fallimento personale perché non lo è e quelle prime ore o giorni non compromettono la nostra relazione con i figli in nessun modo. Non ci sono prove oggettive che i singoli momenti della maternità determinino il benessere a lungo termine di un bambino o determinino la forza del legame madre-figlio.
Ma in realtà qui non stiamo parlando di scienza o di scelte mediche, è chiaro che qui in gioco non c’è la salute della madre e del bambino ma solo uno standard ideologico. Ripeto, la posta in gioco non è la salute dei bambini, ma limmagine di una maternità giusta, adeguata e l’idea che la nascita dovrebbe funzionare come uno spettacolo simbolico di tale maternità.
Con l’allattamento la situazione è molto simile se non peggio. Non parlo per esperienza personale, perché io non l’ho vissuto sulla mia pelle, ma ricevo moltissimi messaggi di donne traumatizzate dalle pressioni sull’allattamento. Dal personale ospedaliero, dalle consulenti o dalle altre mamme. Sembra a volte che sia una questione di vita o di morte non del modo in cui verrà nutrito il bambino. Non ci sono prove oggettive che i singoli momenti o la scelta di allattare o meno determini il benessere a lungo termine di un bambino o determinino la forza del legame madre-figlio. Eppure è quello il messaggio che viene spesso passato alle neo-mamme. I benefici dell’allattamento al seno vengono esagerati a dismisura, mentre le somministrazioni di latte artificiale vengono trattate come fallimenti personali delle madri. Non ti sei informata, non ti sei sforzata, non sei riuscita a dare a tuo figlio il meglio. Sono tutti messaggi tossici e subdoli che menano l’autostima di donne già in condizioni fragili, alle prese con tante difficoltà e novità, con una nuova vita e una nuova identità. E messe in condizione di dimostrare quanto valgono attraverso le loro parti del corpo. Devi dimostrare quanto vali attraverso la performance della tua vagina e poi devi dimostrare quanto vali in quanto madre con la performance del tuo seno.
E qui potremmo aprire il discorso sulla storia della donne e di come la società patriarcale valuti le donne in base al loro corpo, o ancora peggio – alcuni parti del loro corpo(seno, vagina e fondoschiena). Non notate il parallelo? Io sì ma è un discorso per un altro podcast.
Il messaggio che vorrei vi arrivasse forte e chiaro che noi mamme non siamo la somma i momenti del nostro percorso come madri. Che il viaggio che abbiamo davanti in qualità di madri dura decenni e non può essere ridotto a singoli eventi come ecografia, parto o l’allattamento nei primi mesi di vita.
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