
Ciao ragazze, oggi ho con me Valeria Fioretta, conosciuta sul web come Gynepraio, per parlare insieme del libro “Cattiva” di Rossella Milone e della verità sui primi mesi da madre.
Valeria è un’autrice e una blogger dal 2013. Come è iniziata l’avventura del blog?
Non mi considero una pioniera ma è vero che molte delle persone che scrivevano sui blog prima o insieme a me hanno lasciato la piattaforma e si sono spostate su altri social. In questo senso mi considero molto resistente. L’ho aperto in un momento in cui ero molto triste per ragioni amorose. Leggevo molti blog ma spesso non trovavo le cose dette e scritte come piaceva a me quindi ho pensato di crearne uno. Inizialmente non mi firmavo, piano piano ho acquisito sicurezza e l’ho reso pubblico.
Lo usi ancora?
Con meno assiduità anche perché il numero di lettori è cambiato. A prescindere dalla qualità di quello che scrivo ho notato che le persone preferiscono leggere su altre piattaforme. Non ci investo più le 10 ore alla settimana che ci investivo prima.
Valeria ha scritto un romanzo nel 2018, “Se tu lo vuoi” e un manuale di scrittura per addetti ai lavori. E’ anche mamma e da dicembre tiene un podcast per genitori “Genitori Onesti” su Storytell. Come è nato il podcast?
Si tratta di un tipo di scrittura che amo molto. Ogni episodio dura dai 25 ai 30 minuti e per una quota considerevole della puntata parlo seguendo uno script. Ci sono poi delle interviste che sono quasi sempre piccoli monologhi registrati telefonicamente. Quest’ultima parte doveva essere diversa, delle vere e proprie conversazioni registrate in studio ma la pandemia non l’ha reso possibile.
Oggi ho chiesto a Valeria di parlare di un libro che abbiamo letto entrambe. “Cattiva” di Rossella Milone. Questo libro ha avuto un grande successo in Italia e ne sono felice perché parla con crudezza e realismo di cosa accade ad una donna nei primi mesi da madre. Sei d’accordo?
Io l’ho letto in ritardo sui tempi, in generale tutti i libri sulla maternità che ho letto non li ho letti durante il puerperio quindi non è stata una lettura emotivamente partecipata ma più lucida. A distanza mi sono riconosciuta molto nella descrizione dei primi mesi da madre, un mix di tristezza e allegria che caratterizza il modo di esprimersi della protagonista.
Valeria, tu hai un figlio di 4 anni, la stessa età di mia figlia. Ti ricordi che sensazione ti ha lasciato questo libro quando l’hai letto?
Penso sia un libro in cui molte donne possono rivedersi. L’autrice fa una descrizione del post partum meno cruda di libri come “Fino all’alba” e “Svegliarsi a mezzanotte” Quello di “Cattiva” è un modello materno in cui possiamo riconoscerci perché c’è un mix di intenzionalità, cura, dedizione, ma nonostante questo amore intenso, la protagonista non può fare a meno di provare sentimenti contraddittori e lo fa anche prendendosi un po in giro.
Hai toccato un tasto importante. A me scrivono spesso mamme che mi dicono di aver cercato e desiderato molto la gravidanza e viene da pensare che solo perché desideri e cerchi un bambino la tua transizione e i tuoi primi mesi da madre saranno più semplici ma non è così.
In realtà qualsiasi desiderio, anche quando si concretizza, genera reazioni contrastanti. Un lavoro nuovo, una casa nuova, qualsiasi evento significativo della vita per quanto desiderato non è mai accolto in modo tutto bianco o tutto nero.
Per te come è stato?
Il mio è stato un bambino desiderato, arrivato con facilità. C’erano tutti i presupposti perché le cose andassero bene ma mio padre si è ammalato in concomitanza con la nascita di mio figlio per cui ricordo i primi mesi da madre intrisi di tristezza. Ne lui ne mia madre hanno potuto godersi il loro essere diventati nonni e non c’era allegria. Non ho avuto una depressione post-partum ma ho avuto i miei momenti di difficoltà. Mi chiedo se una nuova genitorialità, in condizioni diverse, sarebbe più positiva.
Cito brevemente un passaggio del libro: «Vuole qualcosa che io non le so dare, ché anche io, come lei, sono nuova da poco, e il fatto che io abbia le parole, abbia le parole, abbia più tempo e capelli, più pelle, più cervello e vista, più peli e anche più grasso, che io sia la madre e lei la figlia, non serve a niente, non significa niente. Significa solo che buona parte di me deve rinascere da capo». Questo rinascere da capo tu te lo ricordi sulla tua pelle?
Io credo che il tema del tempo sia sempre cruciale nel diventare genitore. E’ un tempo che quasi nessuno riesce a concedersi. Nella cura di un neonato c’è una componente esecutiva che spesso soverchia la parte emotiva quando invece il processo di farsi madre e entrare nel ruolo è una questione di star un pò ferme e aspettare che quel vestito inizi a calzarti addosso. Qualche decennio fa alle puerpere di ceto medio-alto veniva concesso un mese a letto mentre tutte le donne della famiglia si occupavano del resto. Questa stasi oggi non ci viene concessa.
Sono d’accordo. Io stessa nei primi mesi da madre volevo una soluzione per stare meglio e mote mamme che mi scrivono chiedono aiuto. La verità è che non si può fare niente, si può accogliere lo stato d’animo e aiutare quella persona ma la soluzione è rimanere in quella posizione scomoda e aspettare che passi.
Tra l’altro ogni neo-genitore ha un problema di relativizzazione. Quasi tutti i disagi legati all’essere genitore passano e cosa sono 6 mesi di sonno discontinuo di fronte a una prospettiva di 88 anni di vita? Quando si è neo-genitori si pensa che il tempo non passi mai ma la verità è che passa tutto.
Leggo un altro passaggio del libro: “Il tempo da soli con una neonata può essere orrendo. Non passa, è pesante, è pericoloso, ti fa guardare in faccia chi sei e alla fine sei qualcuno di solo e inesperto”.
Io credo che il purperio sia un periodo che ti mette davanti alla tua inettitudine. Non sai fare quasi niente, ma da questo punto di vista alcune delle conquiste tipiche delle prime settimane con mio figlio sono state tra le cose che mi hanno fatta sentire più forte. Ricordo la sensazione di empowerment quando ho capito che portandolo in fascia riuscivo a calmare mio figlio. Quella sensazione che non ho più provato dopo.
Nel mio primo anno io invece non ricordo una sensazione di empowerment. L’ho provata durante la gravidanza e il parto ma dopo 2-3 settimane mia figlia ha iniziato a farsi valere in modo pesante. Io ero sola, mio marito era in un’altra città e ricordo una sensazione di solitudine, inadeguatezza, durata un anno. Mia figlia piangeva moltissimo e anche quando dormiva ero costantemente in allerta nel timore che si svegliasse. Da fuori sembravo una normale mamma che passeggiava con la figlia addormentata, in verità ero in un forte stato di ansia e stress. Le tue amiche come hanno vissuto i primi mesi da madre?
Ho avuto alcuni esempi di giovani mamme che mi hanno inizialmente spaventata, all’interno del mio gruppo di amiche. Mi sono sbloccata quando 3 mie amiche hanno avuto bambini e a quel punto mi sono rasserenata pensando che si può imprimere il proprio marchio alla propria maternità e non tutte le maternità sono uguali.
Credo che il punto sia che non conosci la persona che diventerai quando partorirai. Io non sono una persona ansiosa eppure con mia figlia ero piena di ansie. Inoltre mi sentivo in colpa nel trasmetterle ansia e il senso di colpa peggiorava il tutto in un circolo vizioso. Un messaggio che vorrei mandare alle mamme che ci ascoltano è che anche questo passa. Sono passati quattro anni, non sono più spaventata e mia figlia non ha avuto conseguenze rispetto alla mia ansia di allora. Queste cose passano veramente, i bambini cambiano e cambiate anche voi. Io sono completamente diversa da quella che ero prima della gravidanza e quella che sono stata il primo anno di vita di mia figlia. Tu sei cambiata?
Io non mi sento molto cambiata. Mi sono scoperta molto ansiosa per l’incolumità fisica di mio figlio, cosa che non pensavo che sarei stata. Sono rimasta egoista sotto alcuni aspetti ma mi sono liberata del senso di colpa. Negli anni i bisogni dei bambini cambiano, un neonato è impegnativo dal punto di vista fisico mentre più avanti diventa più richiedente e in quelle situazione spesso è uscito il mio egoismo. Capita infatti che mio figlio voglia giocare con me con giochi che non mi piacciono. A volte lo assecondo ma spesso gli propongo di fare qualcosa che piaccia anche a me. Con questa mediazione sono venuta a patti con il mio senso di colpa.
La storia dei giochi con i bambini è molto recente. Una volta era normale che i bambini giocassero da soli o con gli altri bambini. Io non sopporto i giochi da bambini piccoli e credo sia ingiusta la pressione di tutti, comprese le aziende produttrici di giocattoli, per far giocare gli adulti. Quasi sempre sulle scatole sono raffigurati genitori nell’atto di giocare e la trovo una pressione ingiusta.
Io apprezzo molto i genitori che si divertono a giocare con i bambini, personalmente non ho quella dote ma spero di averne altre. Noi non abbiamo una rete di supporto familiare e ci siamo organizzati contando molto sul circuito scolastico. Nostro figlio ha trascorso molte ore al nido e alla materna e se mi fossi accorta che non era la scelta giusta avrei preso altre decisioni ma vedendo mio figlio sereno penso vada bene così. Mi sta bene che i libri di pedagogia mi dicano come dovrebbe essere organizzata la giornata di un bambino ma se io trovo una soluzione diversa e in questa routine viviamo bene non mi sento in colpa
Mia figlia è andata all’asilo nido a 12 mesi e fortunatamente sempre volentieri. Se si fosse trovata male sarebbe stata una tragedia perché io non ero più in grado di stare a casa con lei 24 ore su 24 e anche lei era insofferente.
Sicuramente avete trovato il vostro equilibrio. Io non sento la pressione di questo tipo di giudizio perché non ho evidenze della validità di quei giudizi. Prima ero molto più influenzabile su alcuni temi sensibili mentre ora mi toccano molto meno. Quando sento di alcune amiche che si sentono molto giudicate francamente non mi riconosco in quella narrazione. Mi sento fortunata ad aver fatto pace con i miei limiti a livello genitoriale.
Io sono come te e penso che siamo fortunate perché le giovani donne sono programmate per essere accomodanti, essere gentili e crescendo diventano donne che vogliono essere approvate da tutti gli altri. E’ un meccanismo pericoloso che da adulte dovremmo imparare a riconoscere ed evitare.
Durante la nostra chiamata preliminare ci eravamo dette di parlare del ruolo dei papà. Tu ad esempio sei stata molto sola i primi mesi.
Si, esatto. Ci tengo a specificare che è stata una decisione comune. Mio marito aveva ricevuto una proposta di lavoro prestigiosa in una città a quattro ore da Vienna. Abbiamo deciso insieme che per un anno avrebbe vissuto in quella città dal lunedì al giovedì’. Io ero incinta e ovviamente non sapevo cosa significasse prendersi cura da sola di un neonato ma non gli do alcuna colpa perché appunto fu una decisione comune. Com’è stata invece la tua esperienza?
Mio marito è molto bravo. Nonostante i limiti figli dell’educazione dei loro tempi noto una generale sensibilizzazione dei padri miei coetanei. Mio marito è stato molto spesso zio, si vedeva che era a suo agio nel ruolo. Tuttavia è potuto stare a casa appena qualche giorno prima di tornare a lavorare fuori casa quindi il grosso della componente esecutiva è toccata a me. Non sento comunque di essere stata poco supportata.
Il marito di Emilia, la protagonista di “Cattiva”, è un tipico rappresentate della nuova generazione di padri. E’ attento, presente e coinvolto ma di fatto è un osservatore perché per legge in Italia i padri non sono ancora coinvolti al 50%. Hanno un breve congedo e poi tornano al lavoro. Molte coppie non si aspettano il cambiamento degli equilibri della coppia. Per voi come è stato?
Personalmente credo che la mole di impegno puramente esecutivo che richiede un neonato sia se non prevedibile comunque stimabile. Se per ovvi motivi la gran parte di quel lavoro di cura ricade sulla donna è importante che il padre si faccia carico di tutto il resto del menage familiare o paghi qualcuno per farlo. Mio marito ha fatto così, abbiamo delegato molto e avevamo una signora che ci aiutava in casa. Non mi sembra un miraggio per una persona di ceto e intelligenza media.
Eppure le donne che mi scrivono mi raccontano di una situazione diversa. Uomini fermi a 30-50 anni fa, quando la donna si occupava di tutto senza lamentarsi. Come si fa a parlare con questi padri?
Temo che queste persone diano qualche avvisaglia della loro inadeguatezza anche prima che arrivi un bambino. Forse i patti chiari vengono in aiuto perché le esigenze della neo famiglia sono abbastanza prevedibili quindi bisognerebbe giocare di anticipo. Oltre a maledire l’educazione che ha ricevuto o la cultura patriarcale dominante, come si fa a portarlo dalla propria parte? Illustrando chiaramente i propri bisogni
Cosa si può fare quando mancano le finanze?
In quel caso si deve compensare con l’olio di gomito e deve farsene conto il genitore non primariamente responsabile del lavoro di cura. In quel caso il suo apporto deve essere si normalizzato ma secondo me ci sta anche ringraziare e riconoscere un contributo fattivo in forma non di celebrazione ma di rinforzo positivo. Se mio marito ha fatto qualcosa di positivo posso fargli presente e dirgli che apprezzo il suo gesto.
Valeria, se fossi diventata mamma nel 2020 per te sarebbe diventato più facile o più difficile? Io penso spesso a come sarebbero stati i miei primi mesi da madre durante una pandemia.
Io sono sinceramente dispiaciuta per chi ha dovuto vivere i primi mesi da madre in una condizione di segregazione come quella di questa primavera e che stiamo ancora vivendo. Penso che sarebbe stata molto più dura. Stimo moltissimo anche i genitori di figli nella fascia 12-18 mesi che sono impossibili da intrattenere in casa e hanno una grande energia da sfogare.
Concordo. Quando mia figlia era in quella fascia di età andavo a prenderla al nido e stavamo fuori il più possibile, tenerla in casa era difficilissimo.
Si a quell’età i bambini sono estremamente richiedenti quindi provo grande stima per chi è rimasto centrato e presente a se stesso. La conseguenza tipica di questi momenti molto stressanti è rimanere efficienti nel prendersi cura del bambino ma dimenticarsi di sé stessi.
Ricordiamo a chi dovesse essersi sentita così di non farsene una colpa perché ha vissuto una situazione straordinariamente difficile. Valeria, un’ultima domanda, come hai inventato il nome Gynepraio?
Il ginepraio è per definizione un posto complicato e intricato, la Y per me richiama l’universo femminile quindi ho voluto dare l’idea di un posto complicato pieno di donne.
Pagina Instagram di Gynepraio
Blog di Gynepraio
Podcast “Genitori Onesti” di Valeria Fioretta
Romanzo “Se tu lo vuoi” di Valeria Fioretta
Manuale di scrittura “From the blog” di Valeria Fioretta
Aiutami a far crescere sempre di più “L’Ora della Mamma”! Se i miei podcast ti incuriosiscono, stimolano e arricchiscono, votali e lascia una recensione su Apple Podcast. In questo modo mi aiuti a raggiungere altre donne che, come te, vogliono conoscere riflessioni scomode ma sempre reali sulla maternità.
Fai clic qui, scorri in fondo alla pagina, clicca per valutare con cinque stelle e seleziona “Scrivi una recensione”. Quindi, assicurati di farmi sapere cosa ti è piaciuto di più dell’episodio!
Inoltre, se non l’hai già fatto, iscriviti al podcast per essere sempre aggiornata sulle nostre novità. Iscriviti ora!
L’Ora della Mamma è il podcast che tratta i temi legati alla maternità in modo a volte scomodo ma sempre reale.