
Il patriarcato è il potere dei padri: un sistema familiare-sociale, ideologico, politico in cui gli uomini – con la forza, la pressione diretta, o attraverso i riti, la tradizione, la legge e la lingua, i costumi, l’etichetta, l’educazione e la divisione del lavoro, determinano quale parte devono o non devono svolgere le donne, e in cui la femmina è subordinata al maschio.
Non implica necessariamente che nessuna donna abbia potere, o che tutte le donne in una data cultura possano non avere determinati poteri, anzi in gran parte delle culture le donne hanno potere, ma sono gli uomini a decidere quale potere, quali donne e in quali circostanze esse possono avere questo potere.
Il potere dei padri è difficile da comprendere perché permea tutto, anche il linguaggio con cui cerchiamo di descriverlo. È diffuso, è dappertutto; simbolico e letterale; è universale, ed espresso con variazioni locali che ne oscurano l’universalità. Sotto il patriarcato, posso vivere in un boma o guidare un camion; Posso crescere i miei figli in un kibbutz o essere l’unico capofamiglia per una famiglia senza padre o partecipare a una manifestazione contro la legislazione sull’aborto con il mio bambino sulla schiena; potrei lavorare come medico in un di villaggio nella Cina, o far parte di una comunità lesbica di Londra; posso diventare una capa di stato ereditaria o eletta o lavare la biancheria intima della moglie di un milionario; posso servire a mio marito il suo caffè mattutino tra le mura di argilla di un villaggio berbero o organizzare una conferenza accademica; qualunque sia il mio stato o situazione, la mia classe economica o sociale, o la mia preferenza sessuale, vivo sotto il potere dei padri, e ho accesso solo a tanto privilegio o influenza quanto il patriarcato è disposto ad offrirmi e solo finché pagherò il prezzo per l’approvazione maschile.
E questo potere va ben oltre le leggi e le consuetudini; cito le parole della sociologa Brigitte Berger, “finora un intelletto e uno spirito principalmente maschili hanno dominato nell’interpretazione della società e della cultura, sia che questa interpretazione sia effettuata da maschi o femmine . . . presupposti fondamentalmente maschili hanno plasmato tutta la nostra storia morale e intellettuale”. Le variazioni culturali rappresentano semplicemente modi diversi di incanalare la posizione del maschio.
Al centro del patriarcato c’è il singolo nucleo familiare che ha avuto origine dall’idea di proprietà e dal desiderio di vedere la propria proprietà trasmessa ai propri discendenti biologici. Simone de Beauvoir collega questo desiderio con il desiderio di immortalità: “in un senso profondo”, dice, “il proprietario trasferisce la sua esistenza nella sua proprietà; si preoccupa più per essa che per la sua stessa vita; trabocca gli angusti limiti della sua vita mortale e continua ad esistere oltre la dissoluzione del corpo, l’incorporazione terrena e materiale dell’anima immortale. Ma questa sopravvivenza può avvenire solo se la proprietà rimane nelle mani del suo proprietario; può essere sua oltre la morte solo se appartiene a individui in cui si vede proiettato, che sono suoi».
Un momento cruciale nella coscienza umana arriva quando l’uomo scopre che è lui stesso, non la luna o le piogge primaverili o gli spiriti dei morti, che fecondano la donna; che il bambino che porta in grembo e che dà alla luce è suo figlio, che può renderlo immortale, sia misticamente, propiziando gli dèi con preghiere e sacrifici quando sarà morto, sia concretamente, ricevendo da lui il patrimonio. A questo crocevia di possesso sessuale, proprietà e desiderio di trascendere la morte, si è sviluppata l’istituzione che conosciamo: l’odierna famiglia patriarcale con la sua la sua suddivisione del lavoro per genere, la sua esistenza emotiva, fisica e materiale. Con la possessività dell’uomo sulla donna, il suo ideale di matrimonio monogamo fino alla morte (e le sue severe pene per l’adulterio della moglie), l’”illegittimità” di un figlio nato fuori dal matrimonio, la dipendenza economica delle donne, i servizi domestici non pagati delle mogli, l’obbedienza delle donne e bambini all’autorità maschile, l’imprinting e la continuazione dei ruoli eterosessuali. Sono tutti pilastri del potere del patriarcato, che senza questo possesso, questa dipendenza non potrebbe esistere.
“There is nothing revolutionary whatsoever about the control of women’s bodies by men. The woman’s body is the terrain on which patriarchy is erected.” Adrienne Rich
“Non c’è nulla di rivoluzionario nel controllo dei corpi delle donne da parte degli uomini. Il corpo della donna è il terreno su cui si erige il patriarcato.
Il potere è sia una parola primaria che una relazione primaria sotto il patriarcato. Attraverso il controllo della madre, l’uomo si assicura il possesso dei suoi figli; attraverso il controllo dei suoi figli assicura la disposizione del suo patrimonio e il passaggio sicuro della sua anima dopo la morte. Sembrerebbe dunque che da tempi antichissimi l’identità, la personalità stessa, dell’uomo dipenda dal potere, e dal potere in un certo, specifico senso: quello del potere sugli altri, a cominciare dalla donna e dai suoi figli.
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