
So che i miei consigli di lettura vi piacciono molto e quindi oggi vi parlo di un nuovo libro: “Non dimenticarlo mai” di Federica Bosco che dopo questa piccola introduzione procederò ad intervistare.
La protagonista di Non dimenticarlo mai Giulia, è una donna realizzata sul lavoro, ha una relazione da quattro anni con Massimo e solo la mattina del suo quarantanovesimo compleanno prende coscienza che, per dare un senso alla sua esistenza, deve diventare madre. Fino alla sera prima era una donna indipendente che bastava a se stessa e nel giro di una notte prende consapevolezza del tempo che corre, e del vuoto che c’è nella sua vita, consapevolezza che accresce in una sorta di disperazione e urgenza.
Giulia decide di diventare madre, costi quel che costi.
In questa situazione, comunica a chi le è vicino la sua intenzione di rimanere incinta, ma invece di essere sostenuta scopre i lati nascosti delle persone e che non aveva previsto.
Primo fra tutti, il fidanzato Massimo, anche lui giornalista e restio alla convivenza, seguito dalla migliore amica stilista Ambra e per concludere la capricciosa ed egoista madre Teresa.
Non svelo altro della trama per non rovinarvi la lettura, ma vi consiglio di leggerlo, essendo madre può sembrare che il tema non mi abbia scalfito e invece sì. Mi ha fatto riflettere sul mio ruolo di madre, mi ha ricordato che la maternità non è scontata. Ma poi sono entrata in sintonia con Giulia, con il suo lato fragile, con le sue insicurezze da figlia, compagna e amica.
Ora passiamo all’intervista con l’autrice Federica Bosco.
N: Com’è nata in te questa storia e come hai trovato il coraggio di parlarne ? Ti ricordi il giorno in cui hai deciso di scrivere questo libro?
F: Si me lo ricordo bene perché non è stato tanto tempo fa, avevo all’incirca 47 anni non avevo mai avuto questo desiderio materno, e ammetto che la sentivo come una cosa strana, pensavo arriverà prima o poi ma il tempo passava ed io mi avvicinavo ai 50 anni.
Complice la pandemia, complice una malattia in famiglia, la menopausa che si avvicina e tanti bilanci che ero solita a fare mi portarono ad un tracollo depressivo, di ansia di dolore, di dispiacere di sentirsi inutile, di non sapere nemmeno più da che parte cominciare.
Ho lavorato tanto, mi sono distratta tanto, convinta che la carriera potesse sostituire determinate cose. Ma arriva quel giorno piovoso di giugno che ricordo ancora. Io e la mia più cara amica iniziammo a ricordare il passato e le nostre vecchie relazioni e ci vennero in mente due ragazzi che frequentammo a 30 anni e iniziammo a fantasticare su come sarebbe stata la nostra vita se ci fossimo sposate e avessimo avuto dei figli da loro.
Siamo andate a cercarli sui social ma erano introvabili e abbiamo iniziato a chiedere alle amiche delle amiche finché ricevemmo la conferma che sono felicemente sposati e con dei figli e ci è venuta una tristezza e un crollo emotivo. Abbiamo passato la serata a fantasticare su di loro e questo giochino però mi ha fatto sentire come un fallimento.
Parte così la mia voglia di scrivere questa storia perché anche io a mia volta ho avuto una relazione tossica e ho voluto inserire queste due storie nel libro. È stata durissima scriverla, ho preso spunto da diverse amiche che hanno fatto la Fivet, ad alcune è andata bene ad altre no, alcune hanno smesso di provarci altre continuano, è un mondo di guerriere alle quali volevo dare una luce che meritano perché sono trattamenti faticosissimi e durissimi.
N: Mi sono segnata un punto del tuo libro dove parlavi della solitudine di chi prende questa strada sopratutto a una certa età perché se hai trent’anni e devi fare l’inseminazione artificiale le reazioni dall’esterno sono una cosa se la fai a quarantanove un’altra.
F: Delle dive che lo fanno in età più avanzata se ne parla moltissimo come Naomi Campbell ma delle donne comuni no. Chi ci è passato lo sa che se lo fai in istituti privati costa tantissimo e tramite Asl è ancora meno piacevole il trattamento. Per poterlo fare devi avere tante possibilità perché se sei sola con uno stipendio solo è un disastro è complicatissimo. Leggendo le storie di queste donne nei forum ti si spezza il cuore perché percepisci il dolore e il desiderio di dare al mondo questa creatura.
N: Io lavoro con le mamme e sono diventata mamma a 27 anni senza neanche pensarci troppo e ora a distanza di cinque anni sono veramente titubante sul secondo, ho proprio paura di rivoluzionare la mia vita. Parlando con le mamme c’è spesso quest’idea che il desiderio sia una cosa solida, non li vuoi ora allora non li vorrai mai e sono contenta che venga introdotta questa nuova narrativa vissuta da te stessa in prima persona.
F: C’è anche un sano diritto nel non volerli, sei sempre stigmatizzato e se li hai, hai fatto il tuo dovere se non li hai, hai qualcosa che non va. In realtà non è così perché una persona può anche semplicemente scegliere di non volerli è chiaro però che è comunque uno stigma che non ti togli di dosso.
N: Volevo tornare al discorso del desiderio, mi è capitato di leggere la storia di una donna che si trovava a vivere in una situazione veramente disagiata e qualcuno le aveva chiesto perché continui a mettere al mondo tutti questi figli, uno deI figli più giovani l’aveva anche denunciata perché l’avevano messo al mondo in una situazione di disagio assoluto.
La sua risposta mi aveva fatto molto riflettere, lei disse: “In questa vita cosi disagiata, cosi orribile avere quell’esserino cosi piccolo, quell’amore materno che nonostante le difficoltà è l’unica cosa a cui mi posso appigliare, perché se no io questa vita la odio”.
La sua risposta mi ha fatto emozionare non perché avesse ragione perché di fatto doveva proteggersi e smettere di mettere figli al mondo ma la sua spiegazione mi ha fatto riflettere sul fatto che come se anche la natura avesse pensato a lei e attraverso gli ormoni le desse una botta di felicità. Possiamo veramente giudicarli per non avere una situazione perfetta a 360° o no ?
F: Ogni situazione è diversa ed è chiaro che la condizione perfetta non esiste mai.
N: Tornando a parlare del libro, il rapporto della protagonista Giulia con il marito Massimo mi ha fatto riflettere tanto. Come fa una donna istruita con tutti gli strumenti e sopratutto una libertà totale della sua vita a soggettarsi in questo modo, ogni volta che chiedeva scusa sarei voluta andare li e dirle smettila o abbraciarla.
F: Giulia subisce un abuso narcisistico, che è una cosa molto particolare e chi ha subito questo genere di abuso si è riconosciuta molto in lei. Loro stanno insieme da quattro anni ma in case separate, fanno i giornalisti tutti due e hanno un rapporto superficiale, pero tutto sommato abbastanza regolare. Lei non lo conosce veramente, e al momento che si trova a vivere questo desiderio di diventare mamma la distrae da tutto. Lei prova a convincerlo ma non ha idea della vera persona che lui è e che viene fuori. Lui è un manipolatore, un bugiardo patologico e tutto questo lei non lo aveva sperimentato perché ognuno dei due era concentrato sulla propria carriera. Lei si trova a conoscerlo piano piano ma a rimanere impigliata in questa rete di bugie.
N: Mi ha colpita molto anche il fatto che lei desse per scontato che lei si sarebbe presa tutto il carico della fatica del bambino una volta nato, gliel’ha anche accennato nelle prime pagine dicendo a Massimo: ”Io farò tutto da sola, tu non dovrai neanche cambiare un pannolino”. Io ho subito pensato no è l’errore più grande che una donna incinta possa fare!
F: Sì questa è proprio la disperazione massima perché c’è una grandissima sottovalutazione della fatica. Credo che gli ormoni un pochino giochino e ti pompino l’autostima e il desiderio e non rifletti su come sarà veramente. Difficilmente senti qualcuno che ti dice io non ce la faccio più.
N: Ma sai a me lo dicono spesso le mamme in privato nello spazio di accoglienza che ho creato sui social e spesso parlo della salute mentale delle mamme nell’occidente che è a rischio, un numero elevatissimo di mamma e neomamme hanno burnout sono depresse, hanno problemi di autostima. È una crisi di cui nessuno parla. C’è ancora questo stigma perché una mamma con un bambino non si aprirà molto facilmente perché hanno paura dei giudizi e sa che le diranno hai voluto la bicicletta ora pedala.
F: Purtroppo il giudizio ci sarà sempre, bisogna imparare a non dargli peso.
Un grazie speciale alla Garzanti per aver sponsorizzato questa puntata e avermi chiesto di recensire questo libro e farvelo conoscere.
Non dimenticarlo mai di Federica Bosco, edito da Garzanti.
Leggetelo e regalatelo per Natale alle vostre amiche.
Vi aspetto su Instagram per parlarne, taggate me, Garzanti Libri e Federica Bosco quando lo leggerete.
L’Ora della Mamma è il podcast che tratta i temi legati alla maternità in modo a volte scomodo ma sempre reale.