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Ciao ragazze, oggi ho l’onore di avere con me Alessandra Piontelli, psichiatra, neurologa e psicoanalista per parlare del suo testo Il culto del feto.
La dottoressa Piontelli ha insegnato per molti anni nel Regno Unito e lavorato a lungo presso il Dipartimento di Patologia della gravidanza dell’Università degli Studi di Milano. In questo episodio mi ha offerto il suo punto di vista su molte interessanti questioni, ampiamente sviscerate nel suo libro “il culto del feto”, che personalmente consiglio di acquistare a tutte le mamme.
Ecco le principali:
Oggi è molto raro sentir parlare di feti, nella gran parte dei casi le donne si sentono offese dal fatto che ci si rivolga loro usando questo termine e non “bambini”. La dottoressa Piontelli nel libro “il culto del feto” ha dato la sua spiegazione:
Il termine “feto” deriva dal latino “fitus” (germoglio o cucciolo) e nella storia si è alternativamente usato, insieme a bambino, per indicare i non ancora nati. Oggi le donne in gravidanza tendono a preferire il termine bambino e non c’è nulla di male ma feto è il termine più corretto per stabilire una differenza tra prima e dopo. Tra le ostetriche infatti, con le quali ho lavorato per oltre 30 anni, si parla quasi esclusivamente di feti. E’ anche un modo per non sottovalutare il dolore di alcune donne. Un conto è infatti perdere un bambino già nato, un altro è perdere un feto precoce o addirittura un embrione.
A questo proposito sto osservando un cambiamento sulla percezione di embrioni e feti da parte delle donne. Spesso ho sentito parlare le mie nonne di aborti precoci senza il senso di dramma che oggi vi si accompagna. Cosa ne pensa?
Già 50-70 anni fa gli aborti spontanei entro la ventesima settimana erano considerati normali. Spesso le donne non sapevano neanche di aspettare, potevano avere qualche sospetto ma sapevano che i feti con difetti genetici venivano eliminati dalla natura. Addirittura mia nonna raccontava come bambini nati con gravi malformazioni venivano annegati. Ciò oggi genera orrore ma testimonia un atteggiamento diametralmente opposto a quello attuale, dove vengono pianti gli embrioni. In America e in Europa sono sorti gruppi di auto aiuto in cui famiglie fanno di questa perdita la ragione dell’infelicità della vita e io personalmente lo trovo eccessivo.
Attualmente mi impressiona quanto vengano fatte sentire in colpa le donne e a quante proibizioni vadano incontro nel periodo della gravidanza. Alcune giustificate e dovute a una maggior conoscenza medica rispetto a cosa filtra da cordone e placenta, altre eccessive come l’idea che l’ansia e le emozioni possano essere trasmesse. Per quest’ultima ragione molte donne, soprattutto in periodo di Covid, hanno sperimentato paure e senso di colpa. In realtà i bambini sono nati da sempre anche in periodi di guerra senza che le ansie delle madri durante la gravidanza fossero per loro una condanna senza appello.
A questo proposito mi piacerebbe commentare con lei un passo del suo libro Il culto del feto:
“ […] Oggigiorno le donne incinte sono paralizzate da ansie e paure. Innumerevoli sostanze, ingredienti e comportamenti sono considerati dannosi per il feto. L’utero sembra essere diventato un contenitore pericoloso e i feti una specie messa in pericolo dalle proprie future madri. Le donne incinte sono tormentate e la società le tormenta, i feti sono diventati una proprietà e una preoccupazione dell’intera comunità […]”.
Proprio così. Le donne incinte vengono spesso fermate da perfetti sconosciuti che fanno domande, vogliono toccarle, le sgridano se non seguono determinate abitudini. Per non parlare di quello che sta succedendo in America, dove presto i feti potrebbero diventare dei cittadini a tutti gli effetti. Emblematica è la recente nomina di Amy Barret a giudice della Corte Suprema. Ci si sta avviando verso un interessamento dell’intera società al feto e alla gravidanza, non si tratta più di un fatto privato quale dovrebbe essere.
Personalmente trovo che oggi quanto più si danno diritti ai feti tanti più se ne tolgono alle madri. E’ d’accordo?
Si, allo stato attuale le donne vengono considerate poco più di un contenitore funzionale esclusivamente al benessere del feto. Va da sé che ogni mamma desidera avere un figlio sano e sicuramente nessuna vuole fargli del male ma questo non significa essere considerate solo sotto quell’aspetto.
Secondo lei come mai oggi le donne non si ribellano da una società che le vede in questo modo e le tormenta?
In parte perché molte si sentono a disagio e preferiscono esternare il loro fastidio in privato. In parte perché un vero cambiamento dovrebbe iniziare dai movimenti e nessuna ha voglia di fare il Me Too delle donne gravide perché si finisce per sembrare contro i bambini. Addirittura in America ci sono stati casi di donne finite in galera per aver bevuto un bicchiere di vino in gravidanza (che ovviamente non è consigliabile). Sono momenti cruciali in cui le elezioni avranno una grande importanza.
Questa sorveglianza sulle donne inizia con la gravidanza ma si inasprisce con la maternità, non crede?
Si, anche la maternità deve essere perfetta. Io mi ritengo una brava mamma ma non penso di essere stata perfetta. Ai miei tempi queste pressioni erano meno forti sotto alcuni punti di vista ma d’altra parte, In Inghilterra, ho conosciuto i promotori delle teorie dell’attaccamento. Questa teoria è nata nel dopoguerra, quando i bambini venivano abbandonati negli orfanotrofi. E’ ovvio che in quelle circostanze ci si interessasse di come quei bambini sarebbero cresciuti ma tutto ciò che è stato poi interpretato con la teoria dell’attaccamento va preso senza fanatismi. Non va passato il messaggio che tutto ciò che accade nella prima infanzia causi danni irrimediabili. Molte cose sono facilmente rimediabili nella vita.
Nel libro “Il culto del feto” si affronta anche l’argomento del latte materno e artificiale:
Siamo tutti d’accordo che il latte materno sia il meglio dato che contiene anticorpi protettivi e nutrienti giusti. Il fatto però che non si possa o non si voglia allattare non significa che un bambino non crescerà bene. Basti pensare che durante il Covid, per ovvi motivi, molte donne con bambini nati prematuri hanno avuto paura a rivolgersi alla Banca del latte e hanno utilizzato latte artificiale e i loro bambini sono in perfetta salute. Per quanto riguarda l’attaccamento e il rapporto madre-figlio, bisogna ricordare che si è mamme per tutta la vita, non tutto si riduce all’allattamento.
Ampio spazio ne “il culto del feto” viene dato allo scandalo Nestlè e alla nascita della Leche League che, come ci ricorda la dottoressa, sono due eventi distinti e non collegati:
Lo scandalo Nestlè nasce tra gli anni 70 e 80. La Nestlè, una casa farmaceutica che produceva latte in polvere, ha usato metodi scorretti per aumentare le vendite e indurre le neo-mamme dei paesi in via di sviluppo a non allattare. E’ stata fatta una massiccia campagna pubblicitaria per dire loro che il latte in formula fosse più moderno e civile e più nutriente. Questo ebbe conseguenze gravissime perché il latte artificiale aveva un costo che poche famiglie potevano sostenere e quindi allungavano la formula con acqua che il più delle volte era infetta. Inoltre all’epoca non c’erano vaccinazioni e l’unico modo per trasmettere anticorpi ai bambini era il latte materno. La Leche League invece nasce negli anni 50-60 da un gruppo spontaneo di due mamme americane, il loro principio era ed è incoraggiare e sostenere l’allattamento. Io personalmente le critico solo quando sfociano nel fanatismo.
Oltre a quello dell’allattamento oggi esiste anche il culto della nascita idilliaca. Le donne vengono spesso giudicate sulla base del loro parto e lodate quanto più questo avviene in modo naturale, senza epidurale, senza cesareo e utilizzando posizioni e situazioni poco medicalizzate.
E’ tutto iniziato da Leboyer, un ostetrico francese che ha ideato il cosiddetto “Metodo Leboyer” secondo il quale il bambino deve riprendersi dallo stress del parto tramite il contatto pelle a pelle o bonding con la mamma. Bisognerebbe ricordare però che anche la donne potrebbe volersi riprendere dallo stress del parto e desiderare praticare la conoscenza del suo bambino in un secondo momento. In quei momenti si pensa esclusivamente al bisogno del bambino e non a quello della mamma di riposare.
Allo stesso modo non è detto che ogni donna desideri una situazione il più vicina possibile alla natura selvaggia durante il parto:
Uno dei medici che ha maggiormente lavorato per il ritorno al parto naturale è stato il francese Odent. Nato come chirurgo di guerra e poi passato all’ostetricia, è divenuto noto per aver ricreato in ospedale un ambiente simile ad una foresta, con corde appese come liane e piscine. Per quanto molte infermiere, ostetriche e psicologhe spingano per questo ritorno alla natura, non è detto che tutte le donne gradiscano partorire accovacciate, appese a una corda o cose simili.
In passato non esistevano gli ultrasuoni, ciò che conoscevamo dell’aspetto dei feti lo conoscevamo grazie a quelli conservati nella formalina. Sono cambiate molte cose, basti pensare che prima esisteva la patria potestà ed era l’uomo a decidere in caso di parto a rischio se salvare la vita alla mamma o al bambino. Oggi c’è molta più possibilità di scelta grazie all’aborto che in Italia è ancora vissuto con grande dramma a differenza di altri paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo.
A proposito dell’idea che i feti percepiscano e provino emozioni prima della nascita, nel libro “il culto del feto” viene citato Verny e il suo testo “Vita segreta prima della nascita”.
Verny era una persona spiacevole, che pontificava sui feti senza averne mai visto uno e senza aver mai parlato con una donna incinta. Secondo la sua teoria i bambini ricordavano tutto ciò che era accaduto prima della nascita, quindi a suo avviso la madre del nascituro è totalmente responsabile del benessere del bambino non solo dopo ma anche prima della nascita (se e ascolti Mozart avrai un figlio superdotato ecc). Sicuramente negli ultimi stadi della gravidanza i feti percepiscono olfatto, musica e dolore ma è altamente improbabile che ciò che ascoltiamo o proviamo durante la gravidanza influenzerà che individuo sarà nostro figlio in futuro. Non è neanche provato che i feti in stadi precoci, prima o alle venti settimane, provino dolore o sensazioni.
Crediamo che i feti inizino a pensare attraverso il movimento ma non sappiamo in che momento cominciano a pensare. Non sappiamo neanche se il neonato pensi veramente. Un trauma in gravidanza non significa che un bambino nascerà disgraziato, basti pensare che un’intera generazione è nata da madri che hanno vissuto la guerra e ancora oggi nascono bambini perfettamente sani e felici da mamme che sono scappate dalla guerra. Tutto dipende dal contesto post nascita.
Alcune donne con cui parlo si dicono preoccupate che i loro figli siano stati frutto di una gravidanza indesiderata e questo possa essere stato percepito dal feto.
Pensando alle generazioni passate, dove la gran parte delle gravidanze erano indesiderate ma sono nati geni e scienziati, mi viene molto difficile crederlo. Seguendo questa logica tutti gli adottati dovrebbero essere condannati, per non parlare dei figli di madri surrogate. Io penso che oggi si legga troppo e si sia sottoposte a troppe informazioni in gravidanza. L’autrice di “Cosa aspettarsi quando si aspetta” pur non avendo alcuna competenza è diventata miliardaria. Io consiglio alle donne di non leggere ma affidarsi a un medico.
Nel libro si descrive ampiamente il conflitto materno fetale. Cosa si intende?
Alcune fasce estremiste considerano i feti come distinti dal corpo materno. E’ vero che non sono fusi al corpo della madre ma si è pensato di doverli tutelare come cittadini anche da possibili comportamenti dannosi da parte della mamma. Alcuni medici hanno creato un movimento che si chiamava “Il feto come paziente” eliminando completamente la madre. Dopo le critiche, hanno cambiato il nome in “La società di medicina prenatale” ma il concetto è rimasto lo stesso. Si propaganda la visione dei feti come cittadini indipendenti con i loro diritti a scapito della madre, da qui una serie di scandali come quello dei feti abortiti precocemente e sepolti contro la volontà delle madri utilizzando il loro nome e cognome. Io lo trovo estremamente preoccupante.
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Aspetto le vostre riflessioni e esperienze legate al tema della puntata!
Come al solito, ottimi spunti di riflessione!
Proprio oggi stavo parlando con la mia nonna materna ottantasettenne della gravidanza che sto vivendo (sono all’8°mese). Lei ha avuto tre figli: i primi due gemelli eterozigoti (mia madre e mio zio). I primogeniti sono nati all’ottavo mese, lei non sapeva di aspettare due bambini, lo ha scoperto durante il.parto.
Mi ha detto di stare tranquilla, di seguire il mio corpo e il mio istinto e di procedere come più mi sento, senza ascoltare troppo i pareri degli altri e che ogni mamma sa cosa fare. Poi mi ha detto che è importante il benessere del bimbo (nel mio caso bimba), ma che è fondamentale che la madre stia bene, che sia serena, sostenuta e mai giudicata. Ha anche aggiunto che è il caso di impostare una routine che permetta di non essere “schiacciata” dalle incombenze, ma che permetta alla madre di respirare e prendersi un attimo per sé.
Credo che questo sia uno dei consigli più concreti ed onesto che io abbia ricevuto…
L’Ora della Mamma è il podcast che tratta i temi legati alla maternità in modo a volte scomodo ma sempre reale.
5 Comments
grazie grazie per questa trascrizione! mi ha permesso di leggermelo con calma visto che non avrei avuto modo di ascoltarlo oggi. Per quanto riguarda il tema trattato oggi, bisogna ricordare che la gravidanza non è una malattia, che certo ci vuole del riguardo ma per esempio i cibi sconsigliati vengono imposti come un divieto ed invece sono causa di stress per le donne, sono favorevole alla corrente che punti ad un parto il più fisiologico possibile, con meno intervento medico possibile ma se bisogna intervenire si interviene e stop. La verità secondo me è che su alcuni aspetti non si potrà mai essere categorici ma vanno adattati a ciascuna famiglia ci si presenti davanti.
Grazie Martina per il feedback. Un abbraccio