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Ciao ragazze, oggi sono con Barbara Antongiovanni, psicologa e psicoterapeuta, per parlare della depressione post partum e di come riconoscerla. Con lei abbiamo già registrato il podcast sulla rabbia delle mamme, i cui riferimenti troverete alla fine di questo articolo.
Ho contattato Barbara perché spesso mi capita di essere presentata come una donna che ha sofferto di depressione post partum, pur non avendo mai ricevuto una diagnosi in tal senso e pur essendo convinta di non averla avuta. Le mie difficoltà nel dopo parto sono però state spesso interpretate come depressione e per questo credo sia importante fare chiarezza su cosa si indichi con questo termine. Barbara ci tiene a specificare infatti che la depressione post partum è spesso un termine usato in modo improprio:
Diagnosticare la depressione post partum è molto complesso perché alcuni dei suoi sintomi, come solitudine, ansia e preoccupazione possono essere frequentemente presenti anche nelle donne che non ne soffrono. E’ importante specificare che ciò che noi chiamiamo depressione post partum è un termine-ombrello che racchiude tante altre condizioni come il baby-blues, il disturbo di adattamento o il disturbo post traumatico da stress.
Ecco le domande che ho posto a Barbara:
Si definisce in questo modo un disturbo dell’umore che insorge nel peripartum, dalla fine della gravidanza ed entro il primo anno di vita del bambino. Ha una serie di caratteristiche e sintomi tra cui: umore depresso quasi ogni giorno e quasi tutti i giorni, insonnia, difficoltà di concentrazione, sintomi di panico, senso di colpa, pensieri intrusivi e pensieri suicidi. Questi ultimi due sintomi sono ossessivi e molto inquietanti. Bisogna però ricordarsi che sono solo pensieri. Il 30% delle donne con depressione post partum manifesta pensieri intrusivi ma anche l’8% delle donne senza. I pensieri intrusivi non vanno vissuti con panico perchè, a meno che non ci si trovi di fronte a una psicosi post partum, è molto difficile che si tramutino in azione.
Barbara ha presentato la depressione post partum come un ombrello che racchiude altri disturbi più specifici. Ci spiega quali sono i principali:
Dal punto di vista socio-demografico, i dati ci dicono che la depressione post partum insorge maggiormente in una fascia di età particolarmente bassa (adolescenti o giovani donne) o alta (donne over 40). Altri fattori di rischio sono il basso grado di istruzione, l’essere inoccupate e le difficoltà economiche. In realtà è difficile valutare bene perché questi ultimi aspetti sono anche quelli che rendono più difficile accedere alla psicoterapia e quindi trattare precocemente il problema.
I fattori di rischio si annidano anche nella storia clinica e familiare:
Sembrerebbero più a rischio le donne che nella vita hanno avuto un episodio di depressione o di ansia clinico o un padre/madre con questa diagnosi. Il rischio aumenta anche nelle donne che hanno giù avuto un episodio di depressione post partum e nelle donne che l’hanno vissuta durante la gravidanza (sembra che una donna su due che abbia manifestato depressione durante la gravidanza potrebbe sviluppare depressione post partum). Anche le donne che soffrono di disturbo bipolare hanno più probabilità di sviluppare la depressione post partum, nonché le donne che tendono al perfezionismo e al bisogno di controllo.
Un parto traumatico non influenza significativamente la possibilità di sviluppare la depressione post partum ma potrebbe portare a sviluppare un disturbo post traumatico da stress. Questi due disturbi sembrano simili da un punto di vista clinico ma sono molto diversi. Sottolineo che come parto “traumatico” non si intende necessariamente un parto con complicazioni mediche ma qualunque evento che abbia traumatizzato la donna per i più vari motivi tra cui anche non aver avuto il partner vicino o avere avuto un parto diverso da quello che si aspettava.
Bisogna stare attenti e vigili ma anche saper leggere tra le righe e non fidarci delle apparenze. Spesso le donne che soffrono di questo disturbo sono insospettabili, ben curate e tendono a fingere che vada tutto bene per non sentirsi delle cattive madri. Il 50% delle donne con depressione post partum passano infatti inosservate agli stessi professionisti sanitari che raramente le sottopongono a questionari per verificare se siano presenti fattori di rischio. Si sviluppa il pensiero magico “se non te ne parlo non succede”, in realtà più prepariamo le donne e meglio possono gestire la situazione. Viviamo in una società che vive nel culto della maternità perfetta e idealizzata e tutto questo va contrastato anche parlando più spesso di depressione post partum perché può succedere e succede.
Si, la depressione è infatti un disturbo multi fattoriale che dipende da fattori bio-psico-sociali. I fattori che dipendono dalla società sono evidenti: oggi la maggior parte delle famiglie sono piccole e isolate, è raro che ci sia una rete di supporto, le donne sono lasciate molto sole. Inoltre esiste oggi la fortissima idea che una mamma debba essere perfetta, fare le giuste attività con i figli, curare la casa e la persona e non mostrare mai debolezze. Questa richiesta di perfezione con standard altissimi fa male alle donne anche più strutturate dal punto di vista psicologico e assistiamo spesso a madri che diventano iper controllanti per rispondere a tutti questi obblighi. Se invece la mamma è più fragile e con meno supporto ecco che può succedere di perdere il controllo e sviluppare una depressione post partum.
E’ possibile che una donna, guardandosi indietro, si renda conto di aver avuto una depressione post partum non diagnosticata e questo è pericoloso.
Una depressione post partum non trattata può durare a lungo mentre trattata può durare circa 6 mesi-1 anno. Inoltre, se non trattata, c’è il 33% di possibilità che capiti in un’altra gravidanza.
Se dopo 3 settimane dal parto la donna lamenta alcuni sintomi bisogna invitarla ad andare dallo psicologo. Dopo la diagnosi si procede con una psicoterapia ad hoc. Depressione e depressione post partum sono infatti molto diverse anche se hanno gli stessi sintomi. E’ la stessa differenza tra farsi asportare un rene e farsi asportare il seno. Sono entrambi interventi chirurgici ma farsi asportare il seno ha implicazioni a livello di identità e sensibilità che rendono il trattamento molto diverso. Anche la depressione post partum ha risvolti più complessi e se ne tiene conto durante la psicoterapia. Questo ambito richiede una preparazione particolare anche perché c’è di mezzo un bambino, il che rende tutto più urgente.
depressione post partum
Spesso ci si aspetta felicità dalla gravidanza e dal dopo parto. Una mia amica incinta mi ha raccontato di non sentirsi felice e di credere per questo di essere depressa. Ma perché noi donne ci aspettiamo per forza felicità sconfinata dalla gravidanza e dai figli?
Socialmente ci si aspetta che l’innamoramento per il proprio figlio sia immediato e non progressivo. Io tornata a casa non ho avuto subito la sensazione di un legame più forte di tutti gli altri legami della mia vita. Ora, dopo due anni, ho quella sensazione di legame unico e speciale ma non è stato immedaito. Bisogna avere la pazienza di capire che si tratta di un altro essere umano arrivato nella propria vita e non è scontato amarlo subito. Pensando a tutte le privazioni che si affrontano durante la gravidanza non è inusuale essere infelici. Personalmente non condivido il concetto di istinto materno perché fa credere alle madri che tutto debba essere facile e immediato.
Anche l’amore non rende ovvio che dopo aver avuto figli si sia più felici di prima. Molte ricerche dimostrano che le persone con figli spesso sono meno felici degli adulti senza figli.
La felicità per ognuno ha un significato diverso. Sicuramente i figli rendono la vita più difficile e bisogna prepararsi a questa idea o si rischia di cadere nella depressione. Io stessa per il mio lavoro ho fatto tanta analisi personale e comunque quando sono rimasta incinta ne ho voluto parlare con il mio terapeuta perché sapevo fosse un momento di passaggio molto delicato. Fare una psicoterapia in gravidanza è un fattore protettivo e riduce il rischio di depressione post partum.
I dati ci dicono che è più frequente nelle primipare ma può succedere anche alla seconda o terza gravidanza. E’ molto difficile che le gravidanze precedenti non abbiano mostrato alcun segnale ma potrebbe essersi trattato di sintomi lievi, sfociati poi in depressione solo in una delle gravidanze. Io suggerisco sempre ai papà di vigilare con attenzione perché una donna in depressione post partum può avere difficoltà a concentrarsi tanto da prendere la decisione razionale di farsi aiutare.
Fino a qualche anno fa si parlava del 4% dei padri, oggi sappiamo che questo dato è più vicino al 10%, un numero molto simile a quello delle madri. Tuttavia i padri sono estremamente sotto diagnosticati perché i papà per primi si sottovalutano da questo punto di vista. All’inizio si tratta per lo più di ansia e preoccupazione per il futuro ma poi compaiono altri sintomi tra cui aumento di peso, tentativi di evitamento, aumento di dipendenze come gioco d’azzardo, alcool e fumo o tradimenti. Culturalmente non è accettato che un papà possa soffrire di depressione o banalmente di insicurezze ma anche loro hanno grande bisogno di supporto. Per questo nel mio studio di Rapallo ho creato un gruppo di supporto per neo papà. Prevenire la depressione post partum maschile è anche un modo di prevenire problemi di coppia sul lungo periodo. Ricordiamo anche che agli uomini oggi viene chiesto di essere padri intensivi ma i modelli di riferimento dei loro genitori andavano nella direzione opposta.
Una mamma con depressione post partum può fare una seduta con il papà?
Si, è consigliato. Nei questionari per la depressione post partum io chiedo sempre a una donna se ha mai valutato di farsi del male e spesso coinvolgo i papà per valutare questo rischio. Ho bisogno che loro mi diano il massimo del supporto in quel momento.
Nel passato, ade esempio nel Medioevo, ci si prendeva cura del bambino tutti insieme, la divisione di ruoli era diversa e quindi questi disturbi erano meno presenti. Tutt’oggi nei paesi in via di sviluppo il baby blues è molto meno presente. Ciò avviene in quelle culture si da grande importanza alla condivisione familiare e le madri sono molto tutelate nel post partum (non possono uscire per 40 giorni e vengono aiutate e supportate in tutto). In alcune culture si sottolinea anche il passaggio alla nuova identità di madre con dei rituali che aiutano molto a dare valore alla donna e non sono al bambino, come avviene nella nostra cultura. La diagnosi di depressione è molto recente, in passato qualsiasi disturbo psicologico veniva catalogato come esaurimento nervoso.
Esiste questo rischio, perché noi donne ci spaventiamo molto di alcune sensazioni che la maternità comporta come rabbia, solitudine e frustrazione. Questi sintomi da soli non sono spie di una depressione post partum. Se ne abbiamo il dubbio l’unica strada è la valutazione con un professionista. Molte donne a cui diagnostico la depressione post partum mi chiedono se è normale provare certe cose. La mia risposta è che non è normale ma è normale nell’ambito della depressione post partum (che comunque è tutt’altro che infrequente) e che i sintomi passeranno con il trattamento.
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2 Comments
Ho partorito due mesi fa. Una bimba voluta, sana e anche brava! Nelle ultime settimane ho riconosciuto i segnali della depressione post partum ,dall’adolescenza faccio psicoterapia e ho risolto tanti problemi legati all’ansia e alla depressione. Ora mi sento di nuovo male, e sto cercando di capire come affrontare questo problema, senza nascondermi, chiedendo aiuto al mio compagno, ai miei genitori, e anche alla psicologa. Sto valutando di ricominciare a prendere il farmaco che prendevo prima, che sembra essere concesso anche in allattamento.
Ciao Giulia, grazie per la tua testimonianza, ammiro la tua consapevolezza e spero che in tante leggano questo commento e si facciano coraggio di affrontare il proprio malessere senza vergogna.